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mercoledì 27 luglio 2011

Crisi:allarme parti sociali,discontinuita'per crescere

Crisi:allarme parti sociali,discontinuita'per crescere
Preoccupazione mercati da tutte le sigle imprese-sindacati
(ANSA) - ROMA, 27 LUG - 'Guardiamo con preoccupazione al recente andamento dei mercati', intervengono con una nota congiunta tutte le parti sociali, da Confindustria ai sindacati, dalle Cooperative all' Abi. 'Occorre ricreare immediatamente nel nostro Paese condizioni per ripristinare la normalita' sui mercati con un immediato recupero di credibilita' nei confronti degli investitori'. Serve 'una grande assunzione di responsabilita' da parte di tutti ed una discontinuita' capace di realizzare un progetto di crescita'. 'Il mercato non sembra riconoscere la solidita' dei fondamentali dell'Italia', scrivono le parti sociali. 'Siamo consapevoli che la fase che stiamo attraversando dipende solo in parte dalle condizioni di fondo dell'economia italiana'. Ma 'queste incertezze dei mercati si traducono per l'Italia nel deciso ampliamento degli spread' e 'cio' comporta un elevato onere di finanziamento del debito pubblico ed un aumento del costo del denaro per famiglie ed imprese'.Per le parti sociali, 'si rende necessario un Patto per la crescita che coinvolga tutte le parti sociali; serve una grande assunzione di responsabilita' da parte di tutti e una discontinuita' capace di realizzare un progetto di crescita del Paese in grado di assicurare la sostenibilita' del debito e la creazione di nuova occupazione'.(ANSA).

venerdì 22 luglio 2011

Prima casa: ritorna l’IRPEF


Ritorna l’Irpef sulla prima casa, ecco uno dei tanti regali della manovra, che andrò via via a scovare.
Oltre la reintroduzione dei ticket sanitari, oltre il generale ribasso delle detrazioni fiscali, vengono colpite anche le abitazioni, qualunque esse siano, minuscole, piccole, grandi, un colpo trasversale impietoso.
Pensate che l’irpef era stata abolita ben undici anni fa, per opera del governo Amato.
Oggi, grazie al maxiemendamento di conversione del decreto legge n.98/2011 - che prevede una riduzione “lineare” del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento dal 2014 dei regimi di esenzione, esclusioni e agevolazioni fiscali rilevati dalla commissione sulle “tax expenditures” – non ci ritroveremo più la deduzione integrale della rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze, bensì la sua tassazione, su una base imponibile pari al venti per cento della rendita catastale.
Misure regressive ed inique, che vanno a colpire le famiglie, le tante famiglie che risultano essere proprietarie di una unità immobiliare, magari con una ipoteca di trenta o quarant’anni sulle spalle, dunque con un mutuo da pagare. E visto la situazione particolarmente instabile dei mercati è facilmente plausibile un andamento crescente dei tassi di interesse.
Gli esborsi di mantenimento della casa diventeranno sempre più onerosi, sempre più difficili da sostenere, le famiglie sono state lasciate sole.
Alla voce “evasione fiscale” invece, non viene data particolare importanza, anzi sembra proprio lasciata a se stessa, libera di crescere, ormai è stimata in 100 miliardi di euro l’anno, pari al doppio della media europea.
Come si dice, oltre il danno la beffa.
Andrea Sironi

martedì 19 luglio 2011

L’onorevole? Vive gratis parola di ex deputato

di Stefano Zurlo

Tessere. Corsie preferenziali. E ristorante con i camerieri in livrea. Non è niente male la vita del deputato, fra facilitazioni e privilegi a scandire con ritmo sontuoso il metronomo della quotidianità. È un’esistenza in discesa quella che racconta Roberto Poletti, giornalista infiltrato nella casta e poi acuminato autore di un reportage sul quotidiano Libero, trasformato in un libro dal titolo irriverente: Papponi di Stato. Ogni problema, quello che per il comune cittadino è un ostacolo faticoso, ha la soluzione. Nel senso che l’ipotesi migliore è già diventata realtà per la gioia di chi ha frequentato in precedenza Palazzo Madama e Montecitorio.
«La prima tessera da ritirare - spiega Poletti, eletto con i Verdi nel 2006 e deputato fino al 2008 - è quella con cui si vota in aula». Però, verrebbe da pensare, che rigore. Vero, ma quel documento è un passepartout per entrare nell’esclusivo club a cinque stelle. «La stessa tessera - prosegue Poletti - serve anche per mangiare e bere al ristorante di Montecitorio, al self-service, oppure alla buvette, il mitico ristorante extralusso dai prezzi di una trattoria di ultima classe. Il conto te lo scalano dallo stipendio, il trattamento riservato ai deputati è di 10 euro, ma il conto per le casse statali è di circa 90 euro a pranzo». Non basta: «La tesserina in questione serve anche per volare gratis, basta esibirla in qualunque biglietteria per fissare il volo senza sborsare un centesimo. Altrimenti c’è l’agenzia di viaggi interna al parlamento, che è anche più comoda». Sul biglietto, tanto per non farsi mancare niente, «è stampata anche la tariffa: Linate-Fiumicino andata e ritorno costa 625 euro». E’ il principio della solidarietà: 625 euro per le casse dello Stato, zero per il deputato. Altro che voli low cost: questo è un salasso. Quasi una ricerca scientifica delle tariffe più costose. Ma personalizzate: la lista d’attesa è un insulto.
La rete degli aiuti è un domino senza fine che proietta il parlamentare in un altro mondo. Un mondo in cui non ci sono più le code, i ritardi, i duelli per ottenere quel che non si riesce ad avere, i moduli rebus della burocrazia che ottenebrano anche i migliori cervelli. È già tutto predisposto, è già tutto organizzato, è già tutto risolto. Così se il deputato arriva all’ultimo minuto a Linate o a Fiumicino, non c’è problema: «A proposito di aeroporti, anche il parcheggio auto in appositi spazi è gratuito». Scendi dall’auto e sali sull’aereo. «Naturalmente anche il treno è gratis, e l’autostrada? Serve il tesserino Aiscat e la barra si alza senza pagare, volendo si può richiedere pure il telepass ...e lo puoi installare su qualsiasi automobile, anche quella della nonna».
La vita del parlamentare si svolge su una passatoia rossa. Prendiamo il capitolo abbigliamento: «C’è la sartoria che si offre di confezionarti l’abito su misura con lo sconto del 40 per cento, l’ottico invece ha pensato ad una riduzione del 30 per cento, l’associazione parlamentare delle nuove tecnologie garantisce uno sconto del 10 per cento su cellulari e palmari». Quello sì è uno sconticino col braccino corto.
Più morbidi i gradini per chi vuole scalare le lingue straniere: «Le lezioni sono private e individuali, con insegnante madrelingua, a qualunque orario e in qualunque luogo, anche a casa. Si può scegliere l’inglese, il francese, il tedesco, il russo e il giapponese». Tutto per otto euro l’ora. Un quinto, a spanne, di quel che il signor Rossi versa al docente di Milano o Roma.
E lo sport? Montecitorio è meglio di un villaggio olimpico.
Un incrocio fra una polisportiva e un resort. «C’è la tessera Coni per andare gratis allo stadio». E poi ci sono le attività organizzate dal Circolo Montecitorio... un club di lusso. Campi di calcetto, golf, palestra, piscina, basket, tennis. Ristorante e club house». L’iscrizione? «Gratuita: gli ex deputati, invece, pagano la modica cifra di 24 euro al mese». Poveretti. Ma vuoi mettere: «Non mancano i festini con una di quelle ballerine di lap-dance che si esibiscono dimenandosi intorno al palo. Dulcis in fundo, il corso di Pilates... che quando c’è da votare altroché se è importante». Il benessere prima di tutto: per il popolo, o meglio per i suoi rappresentanti.

domenica 17 luglio 2011

Dalla cultura la molla per creare sviluppo e nuova occupazione

 


di Aldo Bonomi

È stato un percorso lungo quello della Fondazione Symbola. Partita dal tema dell’ambiente e dell’Italia borghigiana fatta di piccoli comuni polvere è approdata presto al tessuto delle Pmi e dei distretti produttivi. Unendo l’attenzione per una qualità della vita fatta di riscoperta di valori tradizionali e nuovi gusti élitari, un mix che preannunciava cambiamenti profondi della composizione sociale del paese e la tendenziale riscoperta dell’identità territoriale rispetto alle identità di classe che avevano dominato gli immaginari dei decenni precedenti. Una evoluzione che dalla qualità del made in Italy e delle sue medie imprese era presto approdata al tema della green economy come proposta di una via d’uscita dalla crisi fondata sull’incorporazione del limite ambientale come nuovo terreno dello sviluppo. Sempre avendo come punto di riferimento le tracce lasciate sul territorio dalla comunità operosa dell’impresa. Quest’anno a Montepulciano si è celebrato un ulteriore passaggio che ha molto a che fare con i processi di trasformazione che percorrono l’economia e la composizione sociale di questo paese. Al centro cultura e creatività non più solo come nuovi settori di un’economia postindustriale ma come motori trasversali dell’intero processo produttivo, dall’industria al terziario, in grado di far ricominciare a pensare un futuro al paese. Con una logica a me cara in cui al noto modello delle tre T (Talento, Tolleranza, Tecnologia) dell’inventore della classe creativa, l’americano R. Florida, si aggiunge la quarta T di Territorio. In cui dal contado e dai suoi saperi si arriva alla metropoli e alle piattaforme culturali come driver dell’economia.

I dati mostrano che per importanza non siamo certo ultimi in Europa con due regioni, Lombardia e Lazio tra le prime 10 aree del continente per incidenza degli addetti nelle industria culturali, una economia che nel suo complesso su 30 paesi europei conta ormai 6,5 milioni di occupati. Che crescono a tassi veloci anche nelle nuove potenze asiatiche come la Cina dove la mano pubblica ha coltivato un distretto creativo nella megalopoli Shanghai che oggi accoglie 3mila compagnie di 30 paesi diversi e più di 25mila unità lavorative e il 6% del Pil metropolitano. Che lavorano a produrre iniezioni di soft power nella capacità espansiva cinese tentando il salto dal “made in China” al “Created in China”. E d’altronde a livello globale l’esportazione dei prodotti creativi vale il 3,2 % della circolazione totale delle merci a livello mondiale. Numeri cinesi si dirà. Ma che per il “sistema produttivo culturale” iniziano a pesare anche nell’economia del “bel paese”: 68 miliardi di euro di valore aggiunto (4,8% del totale) e 1,4 milioni di occupati che nei tre anni di crisi in controtendenza sono pure cresciuti. Siamo i primi esportatori tra i paesi ad economia matura, secondi solo alla Cina. Una crescita trainata soprattutto dal segmento del design e delle produzioni di stile più legate al made in Italy (+8,2% di valore aggiunto e +3,1% di occupazione) mentre ha visto una contrazione dell’artigianato artistico più tradizionale.

Dati importanti perché suggeriscono come il modello italiano di terziarizzazione continui a trovare uno dei suoi motori nella connessione con l’industria. E che soprattutto permette di far emergere una geografia della transizione all’economia della cultura che ripropone, sebbene in termini nuovi, l’importanza dei fattori territoriali. Mentre nel Nord Ovest e nel Nord Est pesano e crescono soprattutto le industrie creative legate al design e al servizio all’impresa, nel Centro pesa la potenza della concentrazione nella capitale delle industrie culturali in senso stretto (musica, cinema, editoria, ecc.). L’economia della cultura, insomma, non si sviluppa come un flusso globale indifferenziato, ma tende ad adattarsi e focalizzarsi nei territori in base alle specializzazioni e ai vantaggi distintivi; venendo avanti anche in contesti non metropolitani come mostrano il caso delle Marche e del Veneto, le uniche regioni italiane in cui l’incidenza del valore aggiunto dell’industria creativa è sopra il 6%. Un modello di trasformazione economica cresciuto con dinamiche diverse non solo tra metropoli e contado ma che nei primi anni Duemila ha conosciuto almeno tre “modelli” metropolitani: Torino in cui il grande sviluppo delle professioni creative è stato trainato dall’azione pubblica e dai grandi eventi, Milano in cui le industrie della comunicazione e il design si sono legati funzionalmente alle commesse dell’industria manifatturiera insediata nelle piattaforme produttive circostanti e infine Roma caratterizzata da un mix di policies culturali pubbliche, turismo e il ruolo della grande industria della comunicazione.

Quelli della ricerca Symbola-Unioncamere mi paiono dati importanti, che indicano una possibile direzione in momenti delicati come quello dell’approvazione di una finanziaria che si preannuncia “greca” quanto a tagli e annunci di “austerità”. Il paese è in mezzo a un guado con una transizione in cui gli unici settori che crescono sono quelli della cultura appunto e dell’impresa sociale e dei servizi alla persona (sui quali si apre un enorme problema di produttività). Con il grande problema della disoccupazione giovanile. Buona norma sarebbe incorporare il tema dei sacrifici in uno sforzo che non metta in discussione quei pochi canali che nel terziario continuano a dare una valvola di sfogo, che sostenga gli start-up innovativi oppure favorisca un inserimento dei giovani nel tessuto delle Pmi “creative” e che soprattutto non si preannunci vessatoria verso quel bacino di Partite Iva proliferanti del terziario che costituiscono l’ossatura proprio di quella economia della cultura che sembra espandersi. A quando, dunque, delle politiche mirate verso i bacini dell’occupazione giovanile che disegni un’Italia che non sia solo un paese per vecchi?

mercoledì 13 luglio 2011

90 giorni di tempo e 129 euro per chiudere le Partite Iva inattive

(Imagoeconomica)L' Agenzia delle Entrate ha pubblicato oggi sul sito le disposizioni per l'addio agevolato alle partite Iva non utilizzate, con sanzioni ridotte e un percorso semplificato. I contribuenti che, pur essendo titolari di una partita Iva, non presentano la relativa dichiarazione da almeno tre anni oppure non svolgono alcuna attività hanno, dal 6 luglio, novanta giorni per chiudere la propria posizione, pagando solo una sanzione minima di 129 euro.La regolarizzazione potrebbe riguardare, secondo le stime dell'Agenzia, due milioni di partite Iva inattive.

Mettersi in regola è facile: basta pagare con il modello F24 «elementi identificativi», indicando il codice tributo 8110, la partita Iva da chiudere e l'anno di cessazione dell'attività. Chi non adotta questa misura rischia una multa che può arrivare fino a 2.065 euro. La posizione va regolarizzata entro novanta giorni, calcolati a partire dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto legge n. 98/2011. Va ricordato che la norma di favore si applica a condizione che la violazione non sia stata già contestata con atto portato a conoscenza del contribuente.
Le istruzioni nel dettaglio
I titolari di partita Iva che, sebbene obbligati, abbiano dimenticato di comunicare la cessazione della propria attività, entro i 30 gg prescritti dalla norma - articolo 35, comma 4, del Dpr 633/1972 - possono ora sanare la violazione versando spontaneamente, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 98/2011, un importo pari a 129 Euro, somma che equivale al 25 per cento, cioè 1/4, della sanzione minima dovuta secondo la norma vigente.
In pratica, per aderire alla norma di favore è sufficiente provvedere al versamento tramite F24, entro 90 gg dalla data di entrata in vigore della legge, dell'importo di 129 Euro, indicando il codice tributo 8110, la partita Iva da chiudere, e l'anno di cessazione dell'attività. Nell'ottica della semplificazione non è necessario presentare anche la dichiarazione di cessazione attività, con il mod. AA7 (previsto per i soggetti diversi dalle persone fisiche) o il mod. AA9 (previsto per le imprese individuali e lavoratori autonomi), perché la chiusura della partita Iva verrà effettuata dall'Agenzia sulla base dei dati desunti dal modello F24 presentato.
Per i contribuenti che, benchè obbligati, hanno omesso di presentare a suo tempo la dichiarazione di cessazione attività e non colgono l'opportunità che il decreto legge 98/2011 ora concede, l'Agenzia può procedere alla chiusura d'ufficio della partita Iva, con una sanzione fino al massimo di 2.065 euro.

domenica 3 luglio 2011

UPA SERVIZI, SIAMO ARRIVATI A UNA SVOLTA

di Ernesto Milanesi
 E' un'eredità degli anni Novanta: l'ufficio che smaltisce le pratiche gestionali degli artigiani. Fattura 14 milioni di euro, conta oltre 240 dipendenti e una ventina di sedi sparse per tutto il territorio. Ma rappresenta un evidente problema per i vertici dell'Unione provinciale Artigiani.  Così com'è strutturata la società, denuncia ancora la dipendenza dai vecchi vertici del «sindacato». E soprattutto sconta i legami che spaziano da Cassa di risparmio fino a Infracom, con ingombranti presenze nei Consigli di amministrazione della «catena» di controllo incrociato.  Upa Servizi Spa? Un caso in bella evidenza sulla scrivania del presidente Roberto Boschetto, che sembra di fronte ad una radicale alternativa. Trasformare la società in un vero e proprio network delle categorie economiche (con conseguente «rifondazione» della proprietà). Oppure misurarsi, una volta per tutte, sul piano della trasparenza con gli attuali soci.  Costituita il 13 dicembre 1993 e operativa dall'anno successivo, Upa Servizi ha la sede legale in piazza De Gasperi 22 e per statuto ha come scadenza il 2070. Il capitale sociale ammonta a un milione 504 mila 278 euro con quote da un euro così suddivise: 666.647 nel portafoglio dell'Unione Artigiani e altrettante di Cassa di Risparmio Veneto Spa, mentre le rimanenti 170.984 appartengono a Network impresa Spa.  Il Consiglio di amministrazione è presieduto da Raffaele Bordin, classe 1955, residente ad Abano in via Paganini 6. Amministratore delegato è Alfredo Checchetto, 67 anni, residente ad Abano in via Zanella 3. Il direttore generale è Roberto Suares, 60enne nato al Cairo (Egitto) e residente a Milano via Tesio Federico 23/a. Consiglieri sono Lorenzo Cabinato classe 1953, Limena via Mazzini 7/4; Pierluigi Gambarotto, 1950, Santa Giustina in Colle, via Roara 10; Antonio Santocono, Catania, 1950, Padova via Belludi 43. Il collegio sindacale di Upa Servizi Spa è presieduto da Giovanni Greco (Roma) con i padovani Federico Meo e Michele Cardillo, mentre supplenti sono Piergiorgio Sorato di Mirano e Nicola Manoni di Mestre. Revisore dei conti Paolo Imbevi di Monselice.  La svolta ai vertici risale al 2008: in aprile cessa il mandato di procuratore speciale di Antonio Berengan (nello staff dirigenziale dell'Upa con un passato politico nella Dc) e s'insedia Checchetto. Viene allungata di 20 anni la durata della società, aggiornando lo statuto. E due mesi più tardi entra Santocono. Nell'ottobre 2007, Upa Servizi aveva già generato due società dedicate rispettivamente ai servizi logistici e alla formazione, mentre fin dal 2004 si era stabilito un rapporto con Kpmg Spa (società di revisione). In tempi più recenti si registrano le chiusure di alcuni uffici e sedi decentrate aperti fin dal 1997. Nel settembre 2010 a Vigonza in via Cavour 2 e a Noventa in via Roma 55/3; a dicembre 2008 era successo a Merlara (piazza Martiri della Libertà 11) e Casale di Scodosia (piazza Moro 13/14). A dicembre 2009 cessa l'attività anche ad Agna (piazza Roma) e nel deposito di piazza De Gasperi in città, dove dal 2002 è stato attivato l'ufficio di via Masini 6. A maggio di quest'anno ha chiuso la sede di Due Carrare in via Donatori di Sangue 12.  Tuttavia, Upa Servizi Spa conta da una dozzina d'anni su una presenza diffusa nell'intera provincia con sedi a Limena (via da Limena 10), Rubano (via Rossi 3/F), Legnaro (via La Pira 2), Piove di Sacco (via Puniga 11-13), Piazzola sul Brenta (viale Camerini 31), Montagnana (via papa Giovanni XXIII 1), Galzignano (via De Gasperi 27/B), Solesino (piazza Diaz 2/G), Monselice (via Rovigana 7-3), Vo' (via Einaudi 401), Este (via Brunelli 8), Conselve (viale dell'industria 2/a), San Martino di Lupari (via Giorgine 1/A), Cittadella (Borgo Vicenza 13), Carmignano (via del Popolo 13), Villa del Conte (piazza Vittoria), Piombino Dese (via della Vittoria 29/1), Campodarsego (via Antoniana 173), Camposampiero (via palladio 16/1), Casalserugo (via Umbro I 126), Albignasego (Largo Obizzi 2), Cervarese Santa Croce (via Repoise 2/3), Abano (via Volta 34), Padova (passaggio De Gasperi 7), Selvazzano (via Bracciano 34) Casale di Scodosia (piazza Matteotti 18) e Vigonza (Viale del lavoro 2).  Ma ciò che oggi fa problema è il legame con Carisparmio e con il socio di minoranza. Nel caso della banca, si tratta di capire quanto Checchetto sia davvero ancora «funzionale» alla luce delle rinnovate strategie che non sono più decise solo a Padova. Con il 11,39% di Network Impresa si apre, invece, un altro scenario che si intreccia indissolubilmente con il «caso Infracom». La Spa con sede in viale della Regione Veneto 18 a Padova nasce nel 1999 con 2.849.500 euro di capitale sociale: 1.764.000 azioni sono di Business Solution Network Srl; 545.500 di Upa e 540.000 di Carisparmio. Il presidente del CdA di Network Impresa è Walter Dalla Costa, classe 1949, Villafranca via Ungaretti 16: l'ex presidente dell'Unione artigiani. La carica di amministratore delegato è ricoperta da Stefano Girotto, 1957, Vighizzolo via Manzoni 5. Infine, consiglieri di amministrazione sono Alfredo Checchetto e Antonio Sottocono insieme a Mario Borin, 1952, Rovigo via Mafalda di Savoia 14. Nel collegio sindacale, Federico Meo (presidente), Roberto Ballarini e Piergiorgio Sorato. Una procura speciale è stata affidata a Damiano Dal Bello (Este, via D'Azelio 38/8). I dipendenti risultano 23 con un ufficio in via Savelli 56 dal 2010 e un altro ad Este in via Marconi dal 2008.  Allo stesso indirizzo di Network Impresa c'è anche la sede legale di Business Solution Network (100 mila euro di capitale, costituita nel febbraio 2008). Il 50,6% delle quote è detenuto da Infracom Spa, mentre il 49,4% è di Progetti e risorse società di servizi e consulenza Srl. Al vertice del CdA di Bsn Srl c'è Massimo Lippi, 51 anni di Genova Lungoparco Gropallo 2/7 con Dal Bello amministratore delegato e consiglieri Enrico Del Sole (classe 1953, di Taranto, residente in città in galleria Ognissanti 2), Stefano Girotto e Andrea Pellizzari, 38 anni di Arzignano, via Istria 4/B. Infine, si arriva a Valdagno in via Dalmazia 43/C dove ha sede Progetti e risorse, che nasce nel 1985 anche se diventa operativa nel 1996. Capitale di 55 mila euro, sei dipendenti. Ben 49.390 quote a Tiziana Tiziani, Vighizzolo, via Manzoni 5; 4.400 a Giorgio Zompa, 1944, Padova via Castelfranco 42; 220 a Luca Tiziani, 1967, Vighizzolo via Valli 34; 825 Federico Girotto, 1970, Padova via Savonarola 61 e 165 a Gabriele Del Torchio, 1951, Padova via Barbarigo 70 (il manager di Aps che è approdato in Ducati). Presiede il Cda Stefano Girotto, con Damiano Dal Bello amministratore delegato e Giorgio Zompa procuratore speciale.