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mercoledì 31 agosto 2011

Nasce l'Unione Provinciale Imprese

L'atto costitutivo fa data il 29 dicembre dello scorso anno. "Ma abbiamo aspettato la fine di agosto per ufficializzare l'avvio dell'attività della nuova associazione per due ordini di motivi: inannzitutto perchè abbiamo voluto valicare la quota di 400 associati e poi perchè è settembre l'inizio di ogni vera stagione. Quest'anno poi, con la manovra del governo che sarà devastante per le imprese, settembre sarà il vero banco di prova col quale dovremo confrontarci un po' tutti".
Fabio Di Stasio, direttore di Artigianfidi Padova, parla nella sua nuova veste di presidente dell'UPI (Unione Provinciale Imprese) la neonata associazione di categoria che intende caratterizzarsi per una profonda discontinuità rispetto all'offerta attuale.
Innanzitutto l'ispirazione culturale di fondo.
"A qualcuno potrà sembrare anacronistico - mette in chiaro il presidente - ma L'Upi nasce forte della tradizione cristiana che è radicata nel nostro tessuto imprenditoriale. Questo significa che la solidarietà e l'etica avranno, nella nostra organizzazione, un peso determinante".
Il che, tradotto in concretezze, significa: nussun compenso ai dirigenti dell'Upi (attualmente, con Di Stasio, figurano Massimo Schiavon in veste di vicepresidente e Giampaolo Dal Pozzo, Stefano Molon e Antonio Toffanin in veste di consiglieri); creazione di un fondo di solidarietà, consulenza gratuita alle aziende in difficoltà, attivazione di una banca dati di sostegno intra-imprese.
"Anche sul fronte dell'assistenza - aggiunge Di Stasio - intendiamo muoverci in maniera del tutto originale: al di là dell'appoggio che la neonata associazione avrà da Artigianfidi, organizzazione della quale è diretta emanazione, tutto il resto sarà frutto di accordi con partner esterni. Questo significa zero costi di struttura perchè ci accorderemo all'esterno per la fornitura ai soci di servizi a prezzi concordati, stipuleremo accordi con società di formazione e di consulenza specifica, oltre che accordi con società di marketing e comunicazione con particolare attenzione all'aspetto della multimedialità; infine non mancheranno accordi con gruppi di acquisto".
Ma è evidentemente sul fronte sindacale che l'Upi intende giocare una partita importante ed i 400 iscritti (tutti ovviamente provenienti da Artigianfidi visto che, fino ad oggi, l'idea della nuova associazione ha viaggiato sotto traccia) saranno destinati a crescere solo se il nuovo soggetto della rappresentanza d'impresa saprà far valere un punto di vista originale.
"La nostra parola d'ordine - evidenzia il presidente dell'Upi - sarà "partecipazione". Partecipazione dei soci alla vita dell'associazione ma anche partecipazione dell'associazione alla vita economica e sociale del nostro territorio. In questo senso vogliamo confrontarci con le amministrazioni locali attraverso la creazione di un responsabile comunale e la creazione, al nostro interno, di aree di rappresentanza a seconda dei settori di appartenenza. Per quanto riguarda invece l'affiliazione a qualche rappresentanza nazionale, per il momento riteniamo di dover rimanere alla finestra".
Ma come fare per associarsi alla neonata associazione di categoria e, soprattutto, quanto costa farlo?
"Dieci euro - conclude Di Stasio - è il contributo che chiediamo ad ogni impresa che decide di fare il percorso assieme a noi. Ci si può iscrivere presso la sede di Artigianfidi di piazza De Gasperi 30 (telefono 049 9814844) o presso le due sedi periferiche di Abano Terme (piazza Dondi Dell'Orologio 2) e di Monselice (via Rovigana 7/1)".

venerdì 26 agosto 2011

In Italia senza lavoro 1.183.000 giovani under 35.

OCCUPAZIONE - Rapporto di Confartigianato

Record negativo per disoccupati tra 15 e 24 anni: 29,6%
Sicilia 'maglia nera'

L'Italia ha il record negativo in Europa per la disoccupazione giovanile: sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d'età è del 29,6%  rispetto al 21% della media europea.
La situazione del mercato del lavoro nel nostro Paese è fotografata in un rapporto dell'Ufficio studi di Confartigianato in cui si rileva che tra il 2008 e il 2011, anni della grande crisi, gli occupati under 35 sono diminuiti di 926.000 unità.
Se a livello nazionale la disoccupazione delle persone fino a 35 anni si attesta al 15,9%, va molto peggio nel Mezzogiorno dove il tasso sale a 25,1%, pari a 538.000 giovani senza lavoro.
La Sicilia è la regione con la maggior quota di disoccupati under 35, pari al 28,1%. Seguono la  Campania con il 27,6%, la Basilicata con il 26,7%, la Sardegna con il 25,2%, la Calabria con il 23,4% e la Puglia con il 23%. Le condizioni migliori per il lavoro dei ragazzi si trovano invece in Trentino Alto Adige dove il tasso di disoccupazione tra 15 e 34 anni è contenuto al 5,7%. A seguire la Valle d'Aosta con il 7,8%,  il Friuli Venezia Giulia con il 9,2%, la Lombardia con il 9,3% e il Veneto con il 9,9%.
Nella classifica provinciale la maglia nera va a Carbonia-Iglesias dove i giovani under 35 in cerca di occupazione sono il 38% della forza lavoro. Seguono a breve distanza Agrigento (35,8%) e Palermo (35,7%). La provincia più virtuosa è Bolzano dove il tasso dei giovani senza lavoro è pari al 3,9%, seguita da Bergamo con il 5,6%, e da Cuneo con il 5,7%.
La crisi del mercato del lavoro italiano non riguarda soltanto i giovani. Il Rapporto di Confartigianato mette in luce un peggioramento della situazione anche per gli adulti.  La quota di inattivi tra i 25 e i 54 anni arriva al 23,2%, a fronte del 15,2% della media europea, e tra il 2008 e il 2011 è aumentata dell'1,4% mentre in Europa è diminuita dello 0,2%.
In un contesto così critico, il rapporto di Confartigianato rivela paradossi tutti italiani sul fronte dell'istruzione e della formazione che prepara al lavoro.  Per il prossimo anno scolastico 2011-2012, infatti, è previsto un aumento del 3% degli iscritti ai licei e una diminuzione del 3,4% degli iscritti agli istituti professionali. Nel frattempo, le imprese italiane, nonostante la crisi, denunciano la difficoltà a reperire il 17,2% della manodopera necessaria.
Una strada per facilitare l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro è rappresentata dall'apprendistato. Secondo la rilevazione di Confartigianato gli apprendisti in Italia sono 592.029. In particolare l'artigianato è il settore con la maggiore vocazione all'utilizzo di questo contratto: il 12,5% delle assunzioni nelle imprese artigiane avvengono infatti con l'apprendistato, a fronte del 7,2% delle aziende non artigiane.
“La riforma dell'apprendistato voluta dal Ministro Sacconi – sottolinea il Segretario Generale di Confartigianato Cesare Fumagalli - potrà contribuire a ridurre la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro. Da un lato, i ragazzi potranno trovare nuove strade per imparare una professione, dall'altro le imprese potranno formare la manodopera qualificata di cui hanno necessità”.

lunedì 22 agosto 2011

Unioncamere: “Nel 2011 persi 88mila posti di lavoro”

Sarà un autunno molto pesante per l’occupazione: anche se la perdita di posti di lavoro cala rispetto ai due anni precedenti, il saldo a fine 2011 per le imprese con almeno un dipendente (circa 1,5 milioni) mostra ancora il segno meno: 88mila i posti in uscita – dice Unioncamere – pari a un calo dell’occupazione dipendente dello 0,7%. Più a rischio il lavoro nelle piccole e medie imprese e, a livello geografico, è il Sud a mostrare un deciso affanno.

Nel 2010 il saldo negativo era stato di 178mila unità, -1,5%. Peggio ancora era andata nel 2009, anno clou della crisi: 213.000 i posti bruciati, pari a -1,9%.

Nei numeri del centro studi Unioncamere il 2011 vede quasi 44mila entrate in più rispetto al 2010 e 47mila uscite in meno ma, anche a causa dell’accresciuta incertezza sulla scena internazionale, l’inversione di tendenza non sembra essere alle porte per le imprese dell’industria, commercio e servizi. Per il settore industriale a fine 2011 è attesa una perdita di quasi 59mila unità (-1,2%); meglio i servizi che dovrebbero fermarsi a quota -29mila unità (-0,4%). Crollo invece per le imprese delle costruzioni (quasi 29mila posti in meno).

Nei servizi, l’unico settore che arriva a perdere un punto percentuale è relativo agli alberghi e ristoranti, mentre i tassi di variazione degli altri comparti sono compresi tra il -0,7% (servizi alle imprese) e il -0,2% (commercio al dettaglio). Unico segno più i servizi avanzati, dove le imprese pensano di incrementare di circa 1.500 unità i propri dipendenti.

lunedì 15 agosto 2011

LA PRESSIONE FISCALE VOLA AL 44,3%

“Grazie agli effetti della manovra correttiva di luglio e a quelli legati alla manovra bis approvata venerdi sera, nel 2013 la pressione fiscale si attesterà al 44,3%. Un livello mai raggiunto in passato che rischia di soffocare i timidi segnali di ripresa economica registrati negli ultimi mesi. Rispetto a quest’anno, nel 2013 il carico fiscale sui cittadini e le imprese aumenterà di +1,7”.
A lanciare l’allarme è il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, che ha quantificato gli effetti fiscali delle manovre correttive approvate in queste ultime settimane.
La simulazione, segnalano dalla CGIA, è stata realizzato utilizzando le previsioni di finanza pubblica contenute del DEF 2011 (Documento di Economia e Finanza), ipotizzando che le maggiori entrate fiscali per gli anni 2012 e 2013 vengano aumentate dagli effetti fiscali previsti dalla manovra correttiva anticipata di un anno e dalla manovra bis approvata venerdì scorso
Da un punto di vista metodologico si è proceduto sommando le entrate fiscali che la manovra correttiva di luglio prevede per il 2012 (pari a 6.081 milioni di euro) con le nuove entrate previste dalla manovra bis. Vale a dire:
4 miliardi di euro provenienti dalla riduzione delle agevolazioni ed esenzioni fiscali e i 3 miliardi di euro che saranno recuperati dal contributo di solidarietà, dalla riforma della tassazione delle rendite finanziarie e dall’applicazione dell’addizionale IRES (ROBIN TAX) sulle imprese del settore energetico. Per il 2012 si sono considerate le medesime entrate fiscali previste per il 2014.
“Per stimare la pressione fiscale negli anni 2012 e 2013 – conclude Bortolussi - abbiamo classificato come entrata fiscale anche il gettito prodotto dalla futura riforma della assistenza sociale. Tale decisione è coerente con la norma di salvaguardia che prevede, nel caso di mancata attuazione della delega, che si proceda al taglio delle detrazioni e delle agevolazioni fiscali e quindi un conseguente aumento delle entrate fiscali. Nel caso la riforma assistenziale venisse attuata, si può ipotizzare che i 4 miliardi di gettito anticipati al 2012 e i 20 miliardi anticipati al 2013, si traducano in minori erogazioni ai cittadini e quindi vengano considerati nei bilanci pubblici come risparmi di spesa. In questa ultima ipotesi, la pressione fiscale potrebbe essere inferiore a quella ipotizzata nella nostra elaborazione”.

domenica 14 agosto 2011

LA CRISI E' SOLO UNA SCUSA

venerdì 12 agosto 2011


La crisi è solo una scusa


Ha ragione Giulietto Chiesa. Questa è una guerra dichiarata dal potere finanziario al mondo intero, voluta da chi vorrebbe far pagare le crisi che si susseguono a ripetizione negli ultimi anni ad interi popoli che non ne sono responsabili. E' una guerra iniziata non meno di dieci anni fa, visto che il grande pretesto, la nuova Pearl Harbor dell'11 settembre servì per mettere una bella pezza al possibile botto finanziario americano previsto già nel 2001. Seguirono le varie bolle speculative, i noti fatti di Lehman-Brothers e Obama che correva in soccorso ai banchieri a spese del contribuente americano.
Mi sorge una domanda a questo punto: e se queste stramaledette banche d'affari le avessimo lasciate fallire come meritavano sarebbe stato un male o un bene? In fondo, salvandole, abbiamo stabilito uno sciagurato precedente, e cioè che le manovre speculatorie e terroristiche dolose - perché ci credo poco che siano errori di valutazione, quella è gente che non sbaglia - delle banche d'affari possono essere ripianate con i soldi pubblici, cioè a spese dei cittadini. Con il senno di poi questo salvataggio statalista dell'interesse privato appare sempre più una sciagura. A meno che non fosse parte del big plan.

La Finanza (non le Fiamme Gialle ma il potere finanziario globale) è il braccio armato ma dietro ad essa ci sono le multinazionali che devono fare profitti. Il neoliberismo ha stabilito che il profitto è un diritto inalienabile e che è un valore esponenziale, non vi è più alcun limite ad esso, tantomeno il limite etico. Non a caso parlano di crescita ma noi pensiamo che si tratti dell'aumento del nostro benessere, invece loro intendono la crescita del loro margine di profitto. E le due cose non possono coesistere. Se il mio diritto a fare profitti sempre più alti si scontra con gli interessi della collettività e i diritti dei lavoratori, sarà mio compito eliminare tali ostacoli, con qualunque mezzo.
Lo fanno le multinazionali per prime ma poi, in catena, vorranno farlo anche i grossi imprenditori nazionali e poi i piccoli e medi, fino alla botteguccia artigiana.
Ecco quindi che, ai massimi livelli, bisogna accaparrarsi i politici come gli informatori scientifici si accaparrano i medici per conto di BigPharma, anzi, ancor meglio, si bypassano i politici e si mandano i propri amministratori delegati, i propri manager, scagnozzi e sottocoda a fare politica. La famosa "discesa in campo".
Così si spiega perché la politica è sempre meno fatta di rappresentanti del popolo e sempre più di avventizi e portaborse, lobbisti e maggiordomi, comperati a suon di denaro a fiumi, privilegi e promesse di successo e potere periferico. Nominati, non eletti. Questi politici a busta paga di interessi superiori e spesso ai confini dell'illegalità devono rispondere ai loro padroni che, ripeto, non sono più i cittadini ma coloro che, per ampliare i profitti, devono rimuovere ogni ostacolo possibile.

Secondo voi è un caso che tra le pochissime voci fuggite dal sen di Tremonti circa la famosa manovra vi siano state la "libertà di licenziare" e l'accorpamento delle festività alla domenica - mica quelle religiose, però, solo le tre laiche e work-oriented del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno - per "produrre di più"?
Un alieno che fosse sbarcato con il suo ufetto ieri in Italia si sarebbe chiesto: "Ma questi terrestri pensano di risolvere la crisi mondiale facendo lavorare tre giorni in più all'anno i lavoratori? C'è qualcosa che non capisco?"
L'obiettivo è chiaramente un altro, caro alieno. E' l'articolo 18, i diritti dei lavoratori, l'attacco a quegli articoli della Costituzione che segnano la differenza tra lavoro salariato e lavoro schiavistico e ne stabiliscono i reciproci confini.

Prima di spingermi ancora più in là e dichiarare, assumendomene la responsabilità, che la crisi non esiste ma è uno spauracchio agitato, come lo fu l'Osama Bin Laden di dieci anni fa, per ottenere la sottomissione delle ultime sacche di resistenza al nuovo ordine mondiale basato sul modo di produzione neoschiavistico globalizzato, facciamo un piccolissimo ragionamento, che ci riporta anche al caso Lehman-Brothers.
Se la colpa del default mondiale fosse del potere finanziario, identificabile in pochi banchieri, speculatori, insomma in fin dei conti in persone fisiche alla Gordon Gekko con un nome e cognome, a cominciare da quell'Alan Greenspan che nomina Chiesa, dobbiamo proprio credere che il governo degli Stati Uniti non riuscirebbe a sguinzagliare un po' di reparti di Navy Seals ed assicurare questi farabutti alle imperiali galere, magari il Grand Hotel Guantanamo? Perchè ciò che stanno facendo questi bastardi figli di puttana non è meno grave di ciò che si attribuisce da più di dieci anni ad Al Qaeda.

Invece, da Obama a tutto il potere politico europeo è un generale calare di braghe. L'impressione è che debbano ubbidire a dei padroni che non si possono contraddire. Si comportano come i picciotti che devono obbedire a mamma pena l'incaprettamento, sono impauriti come se i padroni avessero di tutti loro,politicanti servi dei servi, foto che li ritraggono mentre stuprano dei neonati.
Non sarà che lo scherzetto fatto a Strauss-Kahn fosse una vendetta nei confronti di qualcuno che aveva sgarrato?
La colpa del crollo delle Borse - perché non chiuderle come in occasione dell'11 settembre, ad esempio? - è degli speculatori, delle agenzie di rating che lavorano un po' per il Re di Prussia - il dollaro - per tentare di fare il culo all'euro e assai di più per le banche d'affari, ma non si fa nulla per fermarli. E' come se ci fosse una rapina in una banca, la polizia andasse ad arrestare gli avventori del bar di fronte e il giudice li obbligasse a rifondere di tasca propria i soldi rapinati alla banca. E' come quando i black bloc devastano le strade e la polizia, invece di inseguirli ed arrestarli, bastona le vecchiette e le famigliole con i passeggini. Non ha senso ma ha un senso.

L'evocazione della parola magica crisi serve soprattutto per licenziare, per sfrondare i dipendenti e quindi per aumentare i profitti. E' dimostrato che i licenziamenti effettuati dal 2008 ad oggi in certi settori erano assolutamente indipendenti dall'andamento dei fatturati delle aziende in oggetto. Ad esempio nel settore farmaceutico che, grazie a politiche di marketing assai spregiudicate, è uno dei pochissimi settori che registra il segno più nei bilanci delle sue aziende. Ebbene, nonostante il segno positivo e l'aumento delle entrate, queste aziende hanno compiuto delle vere stragi di dipendenti, soprattutto nel settore degli informatori, ritenuti non più utili nel settore primary care, ovvero quello dei medici di base, perché ora il pressing sui medici si fa in ospedale dove vengono venduti i farmaci più costosi e redditizi. La motivazione ufficiale per i tagli era "la crisi" ma la crisi non era vera per quel settore, era solo una scusa per licenziare e mobilitare tutta quella massa di informatori che prima erano stati spremuti come limoni e ora erano considerati solo zavorra di cui liberarsi.

Che la crisi sia un pretesto per fare la guerra di classe ai ceti meno abbienti lo dimostra anche il fatto che nelle varie misure proposte dai governi in allarme rosso per default in Europa non vi siano veri strumenti per la crescita, come investimenti sulla ricerca e lo sviluppo ma solo manovre vessatorie da sanguisughe sul Terzo Stato. Manovre che non toccano minimamente il privilegio sempre più osceno degli altri due Stati: Clero e Neoaristocrazia del denaro o Casta. Semplice, perché la crescita non è quella che pensate e per ottenere quella che pensano loro voi dovete rinunciare ai vostri diritti. Con le buone o con le cattive.

E' comunque un gioco pericoloso. Le tasse, come prima della Rivoluzione Francese, saranno interamente a carico del terzo stato, ovvero del ceto medio-basso. Il clero è esente e la casta si autoesenta con leggi ad hoc. Questa situazione ha portato alle ghigliottine in piazza allora e la storia potrebbe ripetersi, chissà.
State in allerta, quindi. I telecomandati appartenenti alla Casta dei volonterosi esecutori materiali vorranno imporvi i sacrifici più sanguinosi per continuare a gozzovigliare e banchettare sotto il tavolo dei loro padroni come cani.
E' in questa occasione che potremo riconoscere i politici, se ce ne sono rimasti, in grado di ribellarsi a quest'assurdità.
Perché non si alzano in piedi e chiedono ai loro colleghi stranieri di allearsi per fermare la speculazione finanziaria con i mezzi della legge? Se è una guerra condotta dagli Stati Uniti con le armi della Borsa per affossare l'Euro, perché non denunciano queste manovre terroristiche? Se lo fanno tutti assieme sarà difficile farli fuori tutti.
Perchè non chieder loro di difendere i diritti del popolo, di quello vero, non quello dell'amore del nanerottolo da rottamare, rigettando le lettere minatorie dei banchieri ed impegnandosi per una crescita vera, e possibilmente una decrescita più ecosostenibile?
In Islanda ci stanno provando. Sarà questione di clima, chissà.

lunedì 8 agosto 2011

TREMONTI, VOGLIAMO LA RIFORMA DEL FISCO

 "Non vogliamo rinunciare alla riforma fiscale. Se la delega assistenziale va avanti, riusciamo a fare quella fiscale". E' un passaggio dell'intervento che il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, davanti alle parti sociali, secondo quanto riferito da alcuni presenti. Il ministro dell'Economia ha ribadito alle parti sociali la "determinazione" ad andare avanti sulla legge delega fiscale. Oggi, ha però ricordato il titolare di via XX settembre, la sua applicazione benefica è subordinata all'applicazione della delega assistenziale. Ciò significa che non appena applicata la delega assistenziale, scatteranno i benefici contenuti nella delega fiscale. "Sicuramente si può fare di più per la crescita. Ma dipende anche dalla geografia, dalla demografia, dall'amministrazione". Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso del tavolo con le parti sociali, secondo quanto riferito da alcuni presenti.
"Spirito di questo incontro è di trasformare criticità in opportunità. Decidere insieme cosa insieme possiamo fare". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, secondo quanto riferito da alcuni presenti all'incontro con le parti sociali.

lunedì 1 agosto 2011

LAVORO: AL RIENTRO DALLE FERIE AVREMO 76.000 POSTI IN MENO

Bortolussi: “Giovani, donne e stranieri pagheranno il prezzo più alto”
Nonostante i timidi segnali di ripresa in atto, sul fronte occupazionale c’è il pericolo che al rientro dalle ferie molti operai ed impiegati resteranno senza lavoro. A lanciare l’allarme è la CGIA che ha fatto un' elaborazione sulle previsioni occupazionali redatte dall’Istat e da Prometeia.
“Nel terzo trimestre di quest’anno – esordisce Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – stimiamo che potrebbero essere 76.000 i posti di lavoro a rischio in Italia. Un numero preoccupante, anche se inferiore ai 98.000 persi nello stesso trimestre del 2010 e agli 82.000 del 2009. Infatti, le cose, anche se molto lentamente, stanno migliorando. Il tasso di disoccupazione medio nel 2011 si dovrebbe attestare all’8,2%. Rispetto al 2010, la riduzione potrebbe essere dello 0,2%”.
“Con la probabile perdita di questi 76.000 posti di lavoro – prosegue Giuseppe Bortolussi – a pagare il prezzo più alto saranno ancora una volta le fasce più deboli del mercato del lavoro. Mi riferisco ai giovani, alle donne e agli stranieri. Tutte e tre queste categorie hanno raggiunto tassi di disoccupazione molto elevati. I primi il 29,6%, le seconde il 9,6% ed i terzi il 12,1%.”
"Se la crisi economica ha colpito indistintamente tutti – conclude Giuseppe Bortolussi – gli effetti più preoccupanti, però, si sono abbattuti sugli immigrati. La perdita dell’occupazione, infatti, ha compromesso la presenza regolare nel nostro Paese di migliaia e migliaia di persone, con conseguenti ricadute sociali molto negative. Gli extracomunitari, costretti a lavorare per poter essere in regola con il permesso di soggiorno, hanno però dimostrato di essere più dinamici degli altri nella ricerca di un nuovo posto di lavoro, spesso accontentandosi di ricoprire ruoli professionali di bassa qualifica. Alla luce di questa situazione, è necessario rivedere al ribasso il numero dei nuovi ingressi, privilegiando il reinserimento nel mercato del lavoro degli stranieri che da anni sono presenti nel nostro territorio”.