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sabato 25 febbraio 2012

Pensiero di un imprenditore del nord est

Propongo un post scritto e pubblicato dall'amico Stefano Turchetti sul suo blog "L'ultimo Camerlengo" perché significativo dello stato d'animo di molti imprenditori di quello che è stato il mitico nord est.  Mi ci sono riconosciuto nel leggere lo sfogo dell'imprenditore, in quel sentimento di rammarico misto a rabbia che scaturisce nel fare impresa oggi. Come si può andare avanti soffocati dalle tasse, dalla mancanza di credibilità nei confronti del mondo bancario e additati come evasori da campagne mediatiche scellerate messe in campo da chi dovrebbe per primo farsi un esame di coscienza? All'imprenditore tutta la mia comprensione e buona lettura.

LO SFOGO DI UN AMICO, IMPRENDITORE DEL MITICO NORD EST

Lo riporto così, come l'ho letto.
Sono convinto che il mio amico Mirko non è originale in questa scelta.
Però è SUO il tono accorato, la resa a questa sorta di migrazione sia pure da imprenditore, non certo con la valigia di cartone, SUA la  rabbia - dolore  per doversi allontanare per così tanto tempo dalla sua casa, dalla sua famiglia.
Il bello è che i motivi che spingono Mirko a fare impresa FUORI dell'Italia, portando quindi anche risorse e creando opportunità di lavoro all'estero, sono ben noti e sottolineati da tanti osservatori, studiosi, economisti, ben più noti e importanti di me e di lui: troppe tasse, troppa burocrazia, troppa rigidità del lavoro.
Ma dirlo pare serva a nulla.
Bé a Mirko e ai suoi  la più grande fortuna del mondo.


"Ultimamente faccio molta fatica a leggere i tuoi post Stefano, la ragione e la seguente, mi lacerano a tal punto lo stomaco che perdo l'appetito, ormai il tuo/ nostro urlo di protesta ha raggiunto il limite estremo di sopportazione, oggi mentre ti sto scrivendo abbiamo deciso di aprire una nuova società in un paese dove chi fa impresa viene accolto a braccia aperte, avremo il carico fiscale molto ma molto basso, lo stato farà in modo di espletare tutte le pratiche x inizio attività in 2 gg,certo questo mi porterà una lontananza da casa di almeno 4 giorni la settimana, ma dopo 26 anni di lavoro non ce la faccio proprio più a essere trattato come un vacca da mungere, quando siamo partiti io mio fratello e mio padre nel lontano 86 MAI avrei pensato di andarmene via da questo paese culla della Pmi, ma adesso basta, se tutto andrà come penso entro agosto tutto sarà pronto e sarò a 1 ora di volo da Brescia ma soprattutto in un paese che mi accoglierà come una fonte di ricchezza non come un delinquente evasore!!!!! In più mi è ritornata quella voglia di costruire di fare impresa, cosa che mi era passata da molti anni a sta parte,se hai voglia di ricominciare non c'e posto migliore del......... Ti racconterò tutto quando sarà iniziato il mio viaggio"

giovedì 23 febbraio 2012

Il profilo dei nuovi imprenditori italiani nel 2011

imprenditore Un terzo delle imprese italiane nate nel 2011 ha sede nel Mezzogiorno. A fondarle, in 3 casi su 4 è una persona di sesso maschile e per il 70% sono bastati 10mila euro per partire. L’obiettivo è la soddisfazione personale e professionale (lo afferma più del 57% di coloro che  hanno deciso di fondare, da titolari o da soci di maggioranza, una nuova azienda). E’ quanto emerge dall’indagine di Unioncamere su un campione di circa 9mila imprese attive nate nel corso del 2011 e per le quali è possibile identificare il settore di appartenenza, rappresentativo di circa 176mila nuove imprese iscritte nel corso dell’anno.
Si registra una quota di nuove iniziative imprenditoriali al Sud e nelle Isole pari al 30,9%, davanti a Nord Ovest (28,6%), Centro (21%) e Nord Est (19,5%). Nell’ipotizzare il futuro e la crescita dimensionale dei propri progetti i neoimprenditori italiani sono però piuttosto cauti: l’88,7% delle aziende non prevede la necessità di assumere personale nel breve periodo, preferendo aspettare i riscontri che il mercato darà alla nuova iniziativa di business. Solo le realtà che nascono con più di 10 addetti (la minoranza) prevedono di aumentare il numero degli occupati. Le opportunità imprenditoriali sono colte sempre più frequentemente dai giovani: infatti, supera il 26% (2 punti in più rispetto al 2010) l’incidenza degli under 30 e un ulteriore 19,1% di neo-imprenditori si colloca nella fascia di età tra i 31 e i 35 anni. Il restante 54,5% è da attribuire agli ultra 35enni, che si avvalgono maggiormente dell’esperienza nell’imboccare la strada verso la realizzazione del proprio progetto.
I nuovi imprenditori fanno affidamento su mezzi propri in 8 casi su 10, appoggiandosi semmai a finanziamenti ricercati nella cerchia di conoscenze personali o, in seconda battuta a prestiti bancari. L’investimento iniziale per dare avvio ad una nuova attività non supera i 10 mila euro nel 72,1% dei casi, quota che sale al 75,3% se l’impresa è aperta da individui al di sotto dei 35 anni.

http://www.fondazioneimpresa.it/

giovedì 9 febbraio 2012

In italia 1 impresa su 10 a rischio d’insolvenza

 

debiti Un’azienda su dieci è ad alto rischio di non pagare i fornitori. Più esposte le microimprese, anche se l’affidabilità registra un calo generalizzato, mentre le difficoltà maggiori si registrano nel settore dell’edilizia e del commercio all’ingrosso. E’ quanto emerge dall’Osservatorio sulla rischiosità commerciale realizzato da Cribis D&B, società del Gruppo Crif, che analizza il grado di affidabilità delle imprese italiane e la loro capacità di fronteggiare gli impegni presi nei confronti dei propri fornitori. Per le stime l’istituto si è affidato a numerose variabili aziendali, tra cui gli indici di bilancio, le esperienze di pagamento, la forma giuridica e le informazioni negative raccolte.
Allo scorso dicembre, l’88% delle imprese dell’edilizia risultava a rischio d’insolvenza medio-alto, seguito dall’84% del commercio all’ingrosso e dall’82% del trasporto; l’industria manifatturiera si ferma al 63%. In coda l’agricoltura con un profilo di rischio ridotto, appena il 13%. Complessivamente, circa l’11% delle imprese italiane ha registrato un’alta propensione a generare insoluti commerciali rispetto ai fornitori nei 12 mesi successivi. Un dato in crescita rispetto alle rilevazioni dei trimestri precedenti: a fine 2010 le imprese più rischiose rappresentavano, infatti, il 9,96% del totale. Per il resto, oltre il 45% del totale delle imprese ha un livello di rischiosità medio, per il 38% è medio-basso, mentre appena il 5,8% si è collocato nella classe di rischiosità bassa.
L’analisi di CRIBIS D&B mette in evidenza come, a 3 anni dall’inizio della crisi, le difficoltà delle imprese italiane non siano assolutamente superate. Al contrario, molte imprese che a fatica erano riuscite a non soccombere durante la prima fase della congiuntura economica negativa, anche grazie all’impiego diretto di capitali propri, sono entrate in crisi nel corso del 2011 per l’impossibilità di apportare nuove risorse in grado di sostenere ulteriormente l’attività.

http://www.fondazioneimpresa.it/

mercoledì 1 febbraio 2012

Per 1,5 milioni di imprenditori l’accesso al credito è un miraggio

accesso-della-carta-di-creditoL’Istituto SWG ha effettuato un’indagine, divulgata nel mese di gennaio 2012, sul raporto tra banche e imprese di piccole e medie dimensioni. Secondo le evidenze emerse dallo studio, la concessione di un prestito o di una linea di credito per una parte consistente delle PMI italiane, ovvero per quei 4 milioni e 100 mila imprenditori che rappresentano il 95,3% del sistema imprenditoriale italiano, è sempre più un miraggio lontano.
Oltre 1 milione e mezzo di imprenditori, pari al 35% delle imprese sotto i 50 dipendenti, dichiara di aver avuto difficoltà ad accedere al credito. Il 78% delle piccole e medie imprese ritiene invece l’attuale stretta creditizia considerevolmente peggiore rispetto a quella, già problematica, del 2008 e 2009. A mostrare segni di preoccupazione sono gli imprenditori di tutte le aree del paese, con particolare riferimento al Sud Italia (83%) e alle imprese che operano nel settore costruzioni (82%). Le difficoltà sembrano inoltre essere evidenti per le microimprese (numero di addetti inferiore a 10), che intravedono una situazione aggravata per il 79%.
Il 56% degli imprenditori denuncia l’irrigidimento dei criteri di selezione per la concessione di linee di credito delle istituzioni bancarie. Anche in questo senso, le condizioni peggiori da affrontare sono riscontrate da chi opera nel meridione (66%) e da chi possiede un’impresa di costruzioni (70%). Le banche, invece, sembrano essere state più permissive con chi lavora nella Pubblica Amministrazione (l’evidenziazione dell’irrigidimento si ferma al 41%). Pessime le previsioni per il futuro per la maggioranza degli intervistati (58%): risulta netta la previsione di un peggioramento dei rapporti con le banche.

www.fondazioneimpresa.it

 25 gennaio 2012