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giovedì 27 giugno 2013

MANIFESTAZIONE ALLA CAMERA DI COMMERCIO


MANIFESTAZIONE ALLA CAMERA DI COMMERCIO

Intervista ad Aladino LORIN
presidente di SOS ECONOMIA ITALIA

    


 In occasione del rinnovo del Consiglio Generale della Camera di Commercio di Padova una pattuglia di aderenti a Confedercontribuenti Veneto ed SOS ECONOMIA ITALIA hanno manifestato pacificamente nella sala del Consiglio Camerale con cartelli e slogan che invitavano alla chiusura delle Camere di Commercio o comunque ad una profonda riforma delle stesse.

     Sull'argomento abbiamo rivolto alcune domande al nostro Presidente Aladino Lorin e qui di seguito riportiamo anche le risposte.

D.    Non eravate in molti a manifestare. E' forse perchè non c'è condivisione sulle vostre parole d'ordine?

DI. Con l'iniziativa ci siamo posti due obiettivi: Evidenziare che la minoranza degli imprenditori aderenti alle OO.PP. non gode di un consenso unanime e che non è più accettabile che la Camera di Commercio si comporti come un corpo separato che distribuisce poltrone agli addetti ai lavori a prescindere dai problemi reali degli imprenditori che con i loro contributi la mantengono.Per raggiungere questi due obbiettivi, la delegazione di stamane era più che sufficiente.

D.    Perchè parli di minoranza delle OO.PP. ?

DI. Perchè le OO.PP. a Padova oggi non rappresentano più del 40% degli imprenditori padovani e noi stamattina ci siamo presentati al Consiglio come una fetta della maggioranza degli imprenditori (più del 60%)  che dalla gestione della Camera di Commercio si sentono presi per i fondelli. In altre parole 6 imprenditori padovani su 10 non aderiscono alle organizzazuioni professionali ma queste si spartiscono il 100% della rappresentanza ignorando il 60% dei contribuenti.

D.    Voi cosa proponete?

DI. Abbiamo proposto che le elezioni dei rappresentanti non avvengano più su designazione delle Organizzazioni di Categoria ma su liste contrapposte e con espressione di voto: un voto, una azienda. Abbiamo proposto che si voti per via telematica con la PEC.  Ciò costringerebbe i candidati a dichiarare il programma proposto e gli uomini scelti per realizzarlo e non come succede ora pescando dai cortigiani più fedeli a prescindere dalla meritocrazia. Abbiamo anche fatto proposte sul credito per aiutare le tante aziende oggi in crisi per facilitare loro l'accesso al credito. Vogliamo poi che la gestione del bilancio camerale, che ricordo proveniente da contributi delle aziende iscritte, sia più attenta allo sviluppo: innovazione, internazionalizzazione, filiere e distretti produttivi, ecc. piuttosto che alla pur importante “certificazione” che fa capo alle attuali Camere di Commercio.

D.    Queste sono proposte. Ma allora perchè chiedete di chiudere la Camere attuali?

DI. E' chiaramente una provocazione che parte però da un dato di fatto: le Camere così come sono, se venissero chiuse,  non se ne accorgerebbe quasi nessuno, certificazioni a parte, naturalmente.

D.    Ma non riuscite ad intendervi con le OO.PP. Sulle vostre proposte?

DI. Noi le abbiamo fatte ma al di là di condivisioni a livello personale le organizzazioni di categoria mi sembrano più interessate a definire la presidenza, i posti in giunta e le spartizioni conseguenti nelle società partecipate dalla Camera di Commercio. Oggi la presidenza della Camera di Commercio vale 5/6000 euro al mese che può successivamente designare altri posti in consigli di amministrazione con gettoni lusinghieri. Mi sembra che il massimo interesse sia lì piuttosto che sui modi di superare la crisi in essere.

D.    Cosa vuoi dire? Che siamo in presenza di un'altra casta?


DI. Tu la chiami casta, io la chiamo cerchio magico, nel senso che siamo in presenza di vertrici di Organizzazioni che si dovrebbero occupare del bene comune dei propri associati ed invece usano il loro potere per sistemare se stessi o gli amici degli amici. La Camera di Commercio è un esempio vivente di quanto affermo. E' questo che vogliamo cambiare!

ATTENTI AL “GASTALDO”



    Un vecchio proprietario terriero, un tempo lo chiamavamo “agrario”, mi raccontava che il suo declino come “paron” (padrone) è iniziato dal momento in cui ha delegato tutto al “GASTALDO” (fattore) per potersi dedicare tout court a godersi la vita: casinò, donne, vacanze, ecc.
    Mi diceva: “Mi sono accorto che in azienda non avevo più “potere” quando l'ultimo figlio è nato con il colore degli occhi del gastaldo.

      Ecco, quando leggo quanto è stato pubblicato a pag. 42 sul Mattino di Padova di domenica 23 giugno a firma di Severino Beo, vice presidente Upa, penso al mio “agrario” e registro che la cessione di deleghe degli imprenditori ai troppi “gastaldi” presenti nelle Organizzazioni professionali non si è fermato al colore degli occhi dei figli,  ma riguarda anche la gestione del pensiero.
     Normale che, conseguentemente, sia il “gastaldo” a scrivere e fare pubblicare sul giornale il suo pensiero. Speriamo si sia premurato di comunicare all'interessato che oggi c'è una lettera aperta firmata dal “paron dei miei stivali”.

   Caro Severino, ciò che fa male è che noi piccoli imprenditori dopo aver delegato tutto: nelle Organizzazioni Professionali, in politica, alle potenti lobby finanziarie e bancarie, OGGI DOBBIAMO REGISTRARE SOLO SCONFITTE.

     Oggi per Lei ed il suo socio Roberto Boschetto registriamo la sconfitta in Camera di Commercio, ma poi subiamo la stessa sorte in Parlamento dove anche con Letta valiamo meno dell'1% dell'IVA e dove per ottenere udienza per impedire la strage in atto che passa sotto il nome di “suicidi di stato” dobbiamo presentarci con il cappello in mano “strisciando” per intercedere presso i “GASTALDI DELLA CASTA POLITICA” che non sanno ormai neanche trasmettere i caratteri del colore degli occhi ai loro figli politici solo perché sono impotenti e basta a qualsiasi livello.

    Concludo rivolgendomi a tutti i Severino, a tutti gli imprenditori, che dopo aver lavorato una vita e costruito molto, ora, per colpe non proprie, rischiano di rimanere col culo per terra, senza azienda e spesso anche senza famiglia.

                                                   FACCIO UN INVITO


RIPRENDIAMOCI LE DELEGHE IN CAMERA DI COMMERCIO, NELLE ORGANIZZAZIONI PROFESSIONALI, IN POLITICA E SE NECESSARIO FACCIAMO SALTARE IL TAVOLO DI UNA DEMOCRAZIA CORROTTA E SENZA FUTURO PER RICOSTRUIRE UN ORDINE NUOVO, DEMOCRATICO SI, MA BASATO SULLA CENTRALITA' DELLA PERSONA E NON, COME OGGI PRIGIONIERA DELLA SPECULAZIONE FINANZIARIA MONDIALE  E DEI SUOI LECCHINI A LIVELLO NAZIONALE.

sabato 22 giugno 2013

Lettera al Presidente Zaia



                                                                   Egregio Presidente della Giunta
                                                                   Regionale Sig. Zaia

                                                                   Egregio Presidente del Consiglio
                                                                   Regionale Sig. Ruffato

Padova,17 giugno 2013


Oggetto: richiesta sospensione di 24 mesi della L.R. n. 8 del 14maggio 2013


All’indomani dell’emanazione della L.R. n.8 del 14 maggio 2013 da parte  del Consiglio Regionale, SoS Economia Italia prendeva posizione, definendo tale norma insensibile e profondamente negativa, perché non teneva conto assolutamente della situazione di grave crisi del settore e sarebbe stata causa di ulteriori chiusure di attività.

Sostanzialmente chiedevamo che la Regione Veneto avesse adottato una norma transitoria di moratoria sull’espletamento del Documento di Regolarità Contributiva da parte degli ambulanti, per un periodo che noi ipotizzavamo di due anni.

Ora veniamo a conoscenza che la Regione Liguria con L.R. n.17 del 13.06.2013 ha sospeso per 24 mesi l’obbligo di produrre il DURC da parte degli ambulanti. Il Consiglio Regionale Ligure l’ha fatto facendo riferimento alla L.R. Liguria n.1/2007 (Testo Unico in materia di commercio) .
Le motivazioni addotte per la moratoria sono le stesse sostenute da SoS ECONOMIA ITALIA.

Ora, mettendo da parte la grande soddisfazione con la quale annotiamo che sulla questione avevamo visto giusto, siamo a chiedere che tale provvedimento venga adottato anche dal Consiglio Regionale Veneto, avendo così dimostrazione che le aspettative di tutela e attenzione per il nostro mondo che avevamo riposto su questo Consiglio, non erano peregrine.

Siamo altresì convinti, che in questo momento, sarebbe il caso di valutare di estendere la sospensione anche alle altre categorie che si trovano in difficoltà oggettiva e ove venga riscontrato che da parte dell'impresa ci sia la effettività volontà di risanare il debito nei confronti degli enti previdenziali, di mettere in campo tutte le modalità per venire incontro alle aziende.

Siamo certi che su questi temi vi troveremo solidali, dimostrando così tutta la sensibilità propria delle persone che, della rappresentanza degli interessi dei cittadini, ne fanno un principio di vita.

Nel RingraziarVi



Aladino Lorin                                                                     
Presidente SoS Economia Italia 

Elisabetta Adamo
Responsabile dipartimento fiscale







martedì 11 giugno 2013

Intervista a Lorin Aladino, Presidente di SoS Economia Italia, sul rinnovo e ruolo futuro della Camera di Commercio





  1. Il 24 giugno si riunisce il Consiglio Generale della Camera di Commercio per eleggere il nuovo presidente. SOS ECONOMIA ITALIA  si è più volte occupata dell'argomento. Quali sono le vostre aspettative?

R. SOS ECONOMIA ITALIA ha proposto due cose:
-a – che prima di fare il nome del Presidente sarebbe opportuno conoscere il programma con il quale si propongono i vari candidati e quindi votarli in base alla bontà degli stessi
-b- che fra i compiti della Camera di Commercio si preveda la possibilità di scegliere tra le imprese in crisi quelle che hanno un futuro, soprassedendo quindi sul rating eventualmente non positivo offrendo a queste una garanzia sussidiaria del 70% dei prestiti che noi abbiamo chiamato “di conduzione”.

  1. Ok. Programma e impegno per il credito alle aziende in crisi. Ma la Camera di Commercio è uno dei pochi enti che gestiscono soldi sonanti pagati dalle imprese. Voi siete soddisfatti di tutto il resto?

R. Si era parlato della Camera di Commercio come della “casa delle imprese”. Il problema è che le imprese, nella stragrande maggioranza,  la conoscono solo per via del pagamento della quota annuale, al quale corrispondono servizi non sempre palpabili.

  1. Ma è gestita dagli imprenditori.....

R. Vero, ma è meglio dire da persone designate dalle organizzazioni di categoria che non sempre hanno un ruolo, anzi spesso il ruolo dei nominati nel Consiglio Generale si esaurisce nella riscossione del gettone di presenza.

  1. Mi sembra di capire che siete profondamente insoddisfatti.

R. Mi limito a registrare che sono tantissimi gli imprenditori che non fanno riferimento alle organizzazioni rappresentate in seno alla CCIA, quindi di fatto NON hanno rappresentanza.

  1. E quindi?

R. E quindi noi facciamo una proposta  che rilanci una partecipazione reale degli imprenditori, che vada nel senso della trasparenza e di un utilizzo delle quote camerali versate, veramente nell'interesse delle imprese.
Noi proponiamo che il Consiglio Generale della Camera di Commercio sia eletto a suffragio generale delle imprese iscritte e che il voto si esprima su liste presentate da un certo numero di aventi diritto al voto e chiedono il consenso sulla base di un programma presentato.

  1. Ma non le sembra che ciò che proponete sia macchinoso ed anche costoso?

R.  No. Noi proponiamo che il Consiglio Regionale od il Ministero dell'Economia, cui fanno riferimento le Camere di Commercio, definiscano un regolamento per le elezioni e poi si proceda con un voto on-line tramite la PEC (posta elettronica certificata) che tutte le società già hanno e i singoli potrebbero votare in seggi a livello comprensoriale.
Noi proponiamo di passare dall'attuale sistema di nominati ad un sistema democratico di rappresentanza, basato sui programmi in concorrenza tra liste contrapposte. La competizione è
sempre stata il sale della produttività...farebbe bene anche alle CCIA


D. Voi volete rovesciare l'attuale sistema come un calzino…

R. Se vogliamo che le imprese contino sul serio nelle scelte economiche bisogna abbandonare l'attuale “cerchio magico dei nominati” per arrivare ad eletti, con un voto per azienda,  che in forza della loro rappresentatività di eletti siano in grado di influire sul serio in organismi come le fondazioni bancarie, a livello di organismi come le società a capitale misto partecipate dalla CCIA  e fondamentalmente sui processi economici dei territori di riferimento.
Oggi tutto questo è frutto di mediazione e subalterno agli “inciuci” della casta politica che è sempre più autoreferenziale ed in quanto tale lontana dai processi economici e di innovazione esistenti nel mondo reale. Gli effetti devastanti di tale sistema sono sotto gli occhi di tutti.

D.    Non si tratta solo di un sasso nello stagno!

R. Questa proposta si inserisce in quella più ampia che noi abbiamo riassunto nello slogan: “basta deleghe in bianco”. Oggi gli imprenditori, ad esempio in politica, hanno un ruolo solo se “chiamati” dal cerchio magico della politica. Noi vogliamo rovesciare questa logica e mettere in campo un meccanismo che selezioni una classe politica di imprenditori professionalmente preparati ed in grado di battere i pugni sul tavolo politico NON parchè usa i galloni avuti dal cerchio  magico ma perché gode di un consenso ed una rappresentatività di categoria e territoriale.



lunedì 10 giugno 2013

Scommettiamo sulle imprese

Scommettiamo sulle imprese!
Sulla nostra società grava una pesante angoscia circa le prospettive economiche, che contraddice fortemente le speranze nutrite nel corso di lunghi decenni. Cresce dappertutto il timore che il modello liberal-democratico plasmato e rafforzato dall'integrazione europea non possieda più gli antidoti indispensabili al superamento della crisi. L’evoluzione delle tecnologie e il comportamento delle imprese sembrano tendere ad una contrazione sempre più irreversibile del lavoro, e c’è da temere una marginalizzazione crescente e strutturale dell’occupazione in ampi settori delle industrie e dei servizi. A questo si aggiunge l’esaurimento delle risorse del welfare state e la riduzione conseguente dell’elasticità degli ammortizzatori sociali e degli incentivi pubblici all'economia. Il pessimismo dunque, induce a prefigurare un futuro di grande desolazione: la disoccupazione infatti, soprattutto se strutturale e permanente, è una delle malattie più gravi della società moderna, poiché corrode il telaio dei comportamenti civili incidendo sulla stabilità democratica.
Se siamo consapevoli della gravità della situazione e i rischi che derivano dalle inevitabili tensioni sociali che tale crisi genera, cosa possiamo fare?
"La chiave è la creatività umana".
E' solo all'interno di questa fondamentale visione ottimistica dell'uomo che possiamo uscire dall'attuale crisi economica, sociale e democratica.
Ma se ci pensiamo, "la creatività umana" è da sempre  il carburante per la crescita economica e con essa il consolidamento delle libertà individuali e democratiche che ne derivano.
Quindi l'assioma che creatività e fare impresa sono strettamente connessi, ci porta a concludere che una società come la nostra, fortemente appiattita sulla mediocrità, si evolve solo con processi di eccellenza, dove merito e capacità vengano scelti quali valori imprescindibili.
Ridare fiato alle imprese per dare speranza nel futuro diventa l'imperativo per uscire dalla crisi, puntando su uomini capaci e con le idee chiare.


domenica 9 giugno 2013

Né Grillo, né Renzi, né Berlusconi. Una persona ci vuole! Un erbivendolo


L'Italia non va in rovina perché non ha votato Grillo. Neppure perché s'è astenuta quasi al 50 per cento.
L'Italia va giù perché ripone ogni speranza nella politica, come risolutrice di qualsivoglia problema. Cerca il demiurgo, l'uomo della provvidenza, cerca la sua lobby, il suo padrino-protettore. Il suo Renzi, il suo Berlusconi, il suo comico.

Solgenitsin
L'Italia va giù perché non riconosce che la persona può far molto più di un partito. Può smuovere le montagne, può rompere un sistema. Ma deve essere cosciente di avere un valore assoluto. Un valore assoluto che la rende unica nell'universo. Un singolo individuo vale molto di più di una segreteria di partito, di un apparato, di una congrega massonica.
Purtroppo, ci hanno fatto credere che se viviamo è per grazia dei potenti (e non del ciabattino, del muratore, dell'agricoltore, della madre, dell'insegnante, del bravo sindaco). Questo scriveva il premio nobel Milosz, 50 anni fa, annusando l'aria. La cultura del '68, che voleva liberare tutto, tutto ha incatenato, e tutto, per una sorta di eterogenesi dei fini, ha mercificato (la liberazione sessuale insegna). Facendo perdere la memoria ai giovani, tagliando radici profonde, occultando altre storie e altre possibilità. Dimenticando.
Domandate ai giovani chi sia stato Solgenitsin, oppure Siniavski o Maksimov, o Havel. Non li conoscono. E a noi non importa che li conoscano perché buttarono giù il muro di Berlino, facendo crollare il comunismo. A noi importerebbe per l'insegnamento che furono, per la testimonianza che portarono.
C'è un monumento a Wasghinton dedicato ai caduti in Corea. Una scritta dice: “Freedom is not free”. La libertà non è gratis. Lo hanno dimostrato ampiamente, in altra parte del globo, i dissidenti sovietici e cecoslovacchi.
“Vivere senza menzogna” fu la stella polare verso cui s'è sempre indirizzato l'autore di Arcipelago Gulag.
Vivere senza menzogna significava prendere coscienza del proprio io, avere saldi valori di orientamento, sapersi sacrificare per questo, scarnificare le menzogne, non sottostare ai tiranni del potere politico o della comunicazione (ce ne stanno, eccome). Reagire alle mode, avere capacità di giudizio sui fatti e sulle cose al di là dei cliché e delle imposizioni al limite del “subliminale”.
Che c'entra con l'Italia, con la nostra situazione? C'entra con la voglia di reazione. Non dobbiamo credere che la salvezza venga dalla politica e dai suoi apparati (la politica ha un solo compito: essere facilitatrice. E non lo è). La salvezza viene dalla singola persona (e non è un discorso individualista) capace di restare in piedi in un mondo di macerie, e di tendere la mano, trovandone un'altra e un'altra e un'altra ancora.
Questa è la vera rivoluzione. Altro che Grillo, Renzi o Berlusconi.
Ma una persona così fa paura al potere. E per questo tenteranno di annientarla, non fisicamente, ci mancherebbe... In tutt'altro modo, subdolamente: escludendola, mettendola da parte, silenziandola, e con la complicità dei sicofanti, dei pusillanimi, delle zone grigie, di chi mai si schiera, dei voltagabbana.
Nel 1977, un erbivendolo di Praga (questa cosa l'ho già raccontata) tolse il cartello imposto dal partito: Proletari di tutto il mondo unitevi!
Un altro ne mise al suo posto, con il prezzo delle zucchine e delle pere. Con qualche paura, certamente. Ma lo fece. Il potere dei senza potere.
E fu rivoluzione. Vera stavolta.







Scritto da : Adolfo Leoni

mercoledì 5 giugno 2013

S&P's, Italia: €44 miliardi di finanziamenti tolti dalle banche alle imprese nel 201


Le linee di credito italiane sono paralizzate: le imprese hanno bisogno di finanziamenti e le banche, invece, sono sempre più recalcitranti all'idea. Questo discorso è divenuto 'pane quotidiano' per le aziende nostrane che vedono la situazione cristallizzata ad uno status quo che porta, sempre più spesso, al fallimento. Nel momento di maggior bisogno, quando l'ossigeno scarseggia, le banche hanno fatto un passo indietro: nel corso del 2012 sono stati tagliati 44 miliardi di euro di finanziamenti da parte degli istituti finanziari nei confronti delle imprese italiane.S
A mettere il tutto nero su bianco, numeri alla mano, è stata l'agenzia internazionale Standard & Poor's nel suo ultimo report. Il credit crunch italiano, quella stretta - mortale - creditizia, mostra tutto il suo 'splendore' nell'agghiacciante statistica pubblicata. Le banche aumentano il razionamento, le garanzie richieste sono sempre maggiori così come le condizionalità sui - pochi - finanziamenti erogati. L'Italia industriale deve far buon viso a cattivo gioco, deve sapersi reinventare.
Il 92% del fabbisogno finanziario delle imprese, attualmente, arriva dalle banche. Un numero che, di certo, è destinato a scendere visto che "le banche italiane -  spiega la nota - hanno avviato un percorso di riduzione della leva finanziaria". Ed ecco, allora, da dove nasce la necessità di adattarsi ad un quadro economico profondamente mutato: la via più logica porterà alla "emissione di più obbligazioni".  L'emissione netta nel 2012 ha toccato quota 20 miliardi, recita il paper di S&P's: coperto, quindi, solo parzialmente quell'ammanco creato dalla maggior 'prudenza' degli istituti di credito.
Il ricorso ai bond da parte delle imprese, allora, sarà un tema sempre più principale nell'ambito della 'ricerca dei finanziamenti'. Anche in questo caso, però, buona parte della 'rivoluzione' sarà influenzata dal background economico italiano. Il report dell'agenzia internazionale fa, infatti, un importante distinguo.
Preso atto che l'emissione delle obbligazioni come fonte di finanziamento salirà, la percentuale di tale crescita sarà fortemente condizionata dalla crescita del Paese. Un background di 'Crescita Zero' porterebbe le imprese a racimolare tra l'11 ed il 14% dei finanziamenti totali tramite obbligazioni: gli 'introiti' servirebbero, infatti, semplicemente a ricoprire il debito esistente, nessuno penserebbe ad investire maggiormente per svilupparsi. Al contrario, qualora l'Italia tornasse concretamente a crescere, il funding obbligazionario potrebbe arrivare al 14-17% del totale, sulle ali della rinascita degli investimenti fissi.
S&P's ritiene che "un più ampio ricorso al mercato dei bond possa aiutare a migliorare la struttura di capitale delle imprese italiane e ridurre i rischi di rifinanziamento perché potrebbe allungare le scadenze del debito e diversificare la base degli investitori".
Tutto risolto, dunque? Non proprio. La rivoluzione 'pratica' nel funding delle imprese dovrà prima passare per una 'culturale'. Lo "scarso interesse" da parte degli investitori istituzionali italiani nei confronti di queste emissioni obbligazionarie è un vero e proprio freno alla 'crescita' del fenomeno. Circa l'80% delle obbligazioni delle medie imprese, infatti, sono state sottoscritte dall'estero. Anche la fase embrionale del mercato del collocamento presso i privati di certo non aiuta.
Nonostante tutto ciò, se il detto popolare aveva ragione, l'Italia delle imprese saprà fare "di necessità, virtù" e scendere in campo per questa 'nuova' avventura.


Read more: http://it.ibtimes.com/articles/50177/20130605/standard-and-poor-s-italia-imprese-banche-finanziamenti-obbligazioni-funding-prospettive.htm#ixzz2VMPHMiRH

sabato 1 giugno 2013

Un programma anti crisi e di sviluppo innanzitutto


Fernando Zilio, fra i rappresentanti di categoria padovani è sicuramente il più attivo. Il fatto poi, che per la Camera di Commercio proponga di definire prima il programma e che solo dopo si discuta di chi possa essere il nuovo presidente della Camera di Commercio, ci trova in perfetta sintonia.
D'accordo anche che la Camera di Commercio definisca una piattaforma anti-crisi.
Se può essere utile, sottoponiamo al portavoce di Rete Imprese le proposte di SOS ECONOMIA ITALIA sul credito alle aziende in crisi.
Noi proponiamo che siano la Camera di Commercio e Veneto Sviluppo a dichiarare la bancabilità di una azienda , una volta accertato dagli stessi che può avere un futuro, anche se momentaneamente non ha il rating a posto.
Chiediamo poi che sia la Camera di Commercio o Veneto Sviluppo a garantire il prestito eventuale per un 70%.
Con questa procedura si possono erogare "prestiti annuali di conduzione" eccezionalmente rinnovabili.
Si tratterebbe di una boccata di ossigeno a tante aziende in crisi di liquidità.
A Rete Imprese suggeriamo anche di sottoporre alle forze politiche, da un angolo visuale imprenditoriale, una proposta organica per la sostanziale e reale riduzione della spesa pubblica, a nostro avviso "unica chiave di volta" per arrivare alla riduzione della pressione fiscale generale unitamente alla riduzione del cuneo fiscale.
Ecco cosa ci aspettiamo dal rinnovo delle cariche della Camera di Commercio.
Indipendentemente da chi ne assumerà la presidenza, un programma chiaro e definito in grado di affrontare i gravi problemi che attanagliano il mondo delle imprese in una fase di crisi che non è solo strutturale, ma di profonda trasformazione del modello di fare produzione conosciuto fino ad ora.
Una trasformazione epocale alla quale si può dare risposta solamente mettendo in campo soluzioni eccezionali e come dice il nostro motto “a momenti straordinari si risponde con strumenti straordinari.
Ecco noi imprese ci aspettiamo che il nuovo presidente della CCIA abbia in testa ben chiaro cosa fare, per il bene di tutti.